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HACKATAO
IL LUOGO DELLO SPAZIO E DEL TEMPO. SENZA NESSUNA GERARCHIA

 

Nessuna gerarchia nella vita, nessuna gerarchia nell’arte; Sergio Scalet e Nadia Squarci (Hackatao dal 2007) lavorano a quattro mani, affabulano idee, le concentrano e le riversano sui supporti vari delle loro opere. Nadia (Udine 1977) e Sergio(Transacqua 1973) provengono entrambi dal mondo della pubblicità. E’ Milano la città del loro casuale e felice incontro. Qui svilupperanno la loro idea di arte: emergerà un mondo intricato fatto di segni e di larghe campiture, di fittissime tessiture e di ampie pause cromatiche, come avviene, per esempio, nella struttura compositiva di una sinfonia o di un concerto dove ad un tempo lento si sovrappone una cadenza, un grappolo di virtuosismi che irrompe nella pianura del suono. O, ancora, in certe canzoni - in particolare alcune di Franco Battiato - dove si incastonano ritmi e lingue diverse, italiano, siciliano e arabo, inglese francese e tedesco. Una sorta di babele stratificata in cui uomini e animali, oggetti e paesaggio si trasformano gli uni negli altri; ragion per cui le categorie diventano arbitrarie e intercambiabili, superando momenti episodici per tuffarsi in un continuum narrativo che, come scrive Julie Kogler definisce un “effervescente figurativismo, espressione delle ultime estetiche del XXI secolo dove le icone del nuovo millennio si mescolano con un immaginario subconscio e lontano che invita lo spettatore ad avventurarsi un una cosmogonia favolosa.” Di fatto il lavoro degli Hackatao attinge con estrema capacità di sintesi ad un arco spazio-temporale estremamente vasto e variegato, alternando, “citazioni colte del passato a forme coraggiose e ultra-contemporanee, stagliandosi come esponente innovativo di uno scenario artistico pulsante e straordinario che comincia a spopolare nei più importanti musei del mondo.” Il dato più sorprendente è senz’altro il risultato: disegno e pittura, scultura e decorazione, si aggregano in uno zapping visivo di assoluta fascinazione, in cui il tutto non stenta a diventare “una cosa sola”. Già la definizione di Hackatao, del resto, denota una volontà di unione di più cose, di fusione: è infatti la crasi di “Hacker” e “Tao”. “Hacker” nel senso letterale: chi si impegna nell’affrontare sfide intellettuali per aggirare o superare creativamente le limitazioni che gli vengono imposte, in tutti gli aspetti della sua vita; e “Tao” come concetto che indica ilcampo di azione del duo, inteso come “tutto vivente” in continua trasformazione. Questo rivela un intelligente superamento - come ha giustamente notato Igor Zanti (mentore del gruppo sin dai loro esordi) - della Toy Culture, per immergersi in una ricerca per nulla scontata, anzi assolutamente originale e complessa, che testimonia l’aderenza dei due artisti al dibattito artistico contemporaneo e che apporta senz’altro validi contributi di forma e di idee. Il continuo slittamento tra arte colta e arte popolare, tra tradizione e innovazione, tra artigianato e sperimentazione, trova certamente un punto di massima riuscita nella realizzazione dei Podmork. Nati nel 2007, si presentano in forma totemica; cugini dei personaggi dell’illustrazione manga - assorbono in sé tutte le capacità estetiche degli Hackatao. Per questo la loro epidermide si presta come una corteccia su cui gli artisti incidono, con il loro segno preciso e graffiante, ora intricatissime storie sospese nel tempo, ora - come nei recenti nove esemplari del Podmork KU (che per la prima volta superano nettamente le dimensioni contenute delle edizioni precedenti) - le allegorie dei culti dei “Grandi Antichi”, tratti dal “Ciclo di Cthulhu” dello scrittore statunitense Howard Phillips Lovecraft. Allora la superficie di queste sculture diventa il luogo, per eccellenza, dello spazio e del tempo. In definitiva, dell’immaginazione, dove tutto conviene senza nessuna gerarchia. Lo dicevamo all’inizio: nessuna gerarchia nella vita, nessuna gerarchia nell’arte.


Marcello Palminteri


in AreaArte, n.13, primavera 2013, Martini Edizioni, Thiene


 
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